Il bambino dal primo anno di vita fino alla pubertà (11 - 13 anni) può essere soggetto a disfunzioni osteopatiche che possono aggravarsi durante la crescita. Molte affezioni scheletriche e muscolari, che colpiscono il fanciullo in questa fascia di età, spesso dipendono da disguidi meccanici dello scheletro e delle articolazioni; tali disfunzioni molto spesso sono in atto dall’età neonatale, se non addirittura dal momento del parto, ma vengono alla luce relativamente tardi. Non bisogna farsi scoraggiare da una simile affermazione perché, come già detto, il corpo umano durante questa fase dello sviluppo dispone di prodigiose capacità rigenerative ed adattive, che rendono qualsiasi problema risolvibile.
I disagi che maggiormente si riscontrano a questa età sono le deviazioni scoliotiche e i problemi di appoggio; è possibile inoltre che, sulla base di una disfunzione osteopatica, nel bambino possano insorgere sintomatologie dolorose e manifestazioni sintomatiche simili all’adulto, come lombalgia o torcicollo. In realtà il bambino non lamenta quasi mai dolori reumatici, ossei o muscolari perché le capacità di adattamento, prima menzionate, permettono all’organismo di compensare efficacemente; motivo per cui anche quadri disfunzionali importanti sono ben sopportati da un punto di vista sintomatologico. A dimostrazione di tale tesi possiamo chiamare la disfunzione cranio sacrale, la quale crea una tensione interna alla colonna vertebrale nell’adulto mentre nel bambino ha espressioni sintomatiche differenti. L’adulto possiede infatti una colonna vertebrale già ben strutturata, poco deformabile e poco adattiva, motivo per cui una disfunzione osteopatica cranio sacrale molto spesso provoca una lombalgia o una cervicalgia. Il bambino, al contrario, possiede una colonna vertebrale estremamente duttile, per cui la medesima disfunzione non provoca alcuna sintomatologia dolorosa.
All’assenza di Dolore non corrisponde però l’assenza della disfunzione, la quale, mantenuta silenziosamente per anni, provoca danni importanti, anche se non causa alcun sintomo apparente. La maggior parte delle scoliosi per esempio ha origine proprio in questo modo; una disfunzione silenziosa fa sì che lo scheletro si modifichi lentamente con curve scoliotiche adattative che magari passano inosservate ad una ispezione sommaria. In età adulta un paziente del genere presenterà curve scoliotiche strutturate su cui non si potrà più intervenire, se non chirurgicamente. La scoliosi limita notevolmente le possibilità di movimento e di adattamento della colonna vertebrale e questo può creare, di conseguenza, una moltitudine di problemi sull’assetto posturale, sulla funzione cardio polmonare e sulla dinamica generale della persona. Se si agisce quando l’organismo è ancora in via di sviluppo, quando è ancora possibile intervenire osteopaticamente senza ricorrere alla chirurgia, si riescono a creare le condizioni per uno sviluppo normale e fisiologico con grandi vantaggi per il paziente.
Allo stesso modo l’appoggio plantare, se non viene preso in dovuta considerazione durante la crescita, può portare al piattismo, che nella stragrande maggioranza dei casi è un fenomeno fisiologico e si risolve con la crescita; in altri casi, al contrario, crea problemi al bambino come dolori ai piedi o atteggiamenti posturali non fisiologici che possono influenzare lo sviluppo delle articolazioni delle caviglie e delle ginocchia. Il concetto da capire è che nell’età dello sviluppo una disfunzione osteopatica spesso è presente in maniera silenziosa, non dà espressioni sintomatiche importanti ma lavora nell’ombra compromettendo il corretto sviluppo dello scheletro. L’Osteopatia è in grado di intervenire sul bambino con un’altissima probabilità di successo allo scopo di riportare il suo sistema osteo-articolare, in piena crescita, ad una dinamica fisiologica. Pertanto, una revisione osteopatica precoce è assolutamente utile in età pediatrica per risolvere un problema contingente e soprattutto per evitare danni futuri.
Bibliografia e riferimenti