Da come emerge dall’intervista sono sette anni che conosco il Maestro Luigi Fortunato e dal primo momento mi colpirono le sue doti umane. La capacità empatica e il sapersi affidare sono doti importanti per un ballerino e a mio avviso sono innate in Luigi.
In questo periodo ho avuto modo di apprezzarlo sia come paziente che come ballerino e ciò che si evidenzia immediatamente è l’armonia uomo-professionista. L’aria che si respira nelle sue lezioni è di estrema positività e rispetto. Questi due aspetti sono importanti per gli allievi che si sentono guidati e liberi allo stesso tempo di poter esprimere la propria arte nella danza.
Rispetta sempre i suoi interlocutori cosciente di poter apprendere da loro, ma tutto si trasforma quando entra in scena sul palco. Riesce a trasformare i concetti in movimenti. Il corpo sembra seguire i suoi pensieri e tradurre qualcosa di puramente teorico in arte in movimento. La sua padronanza fisica e la cognizione del suo corpo gli permettono di ritrovare il giusto equilibro negli spazi sia sul palco che fuori. Probabilmente questa è la sua forza. Si trova in ambienti armonici con persone armoniche e l’esempio lampante è costituito dal suo nucleo familiare. Mariella, Alessandro e la piccola Sara gravitano nella vita di Luigi con un equilibrio naturale visibile solo nel rapporto che c’è tra la terra e la luna. Lasciamo spazio adesso alle sue parole.
Come ha capito che il suo destino era nella danza?
Bella domanda! Perché ho sempre sentito il bisogno di comunicare con il corpo e i movimenti erano per me un mezzo per dar vita ad un sentimento. La cosa che più me l’ha fatto capire è il senso di libertà che provavo e che provo ancora quando danzo. Mi sento libero di fare e dire ciò che voglio col mio corpo. Riesco a vincere la mia timidezza.
A che età ha cominciato a ballare?
Ho iniziato a studiare danza a 12 anni circa, grazie a mia madre che aveva intravisto in me qualcosa, ovviamente parliamo degli anni 90 in cui c’erano molti pregiudizi sugli uomini che si approcciavano alla danza, ma i miei genitori mi hanno sempre appoggiato fregandosene del giudizio degli altri. Questo è stato fondamentale per la mia carriera sentirli sempre vicini anche nei momenti negativi.
Quali sono i suoi riferimenti nella danza e perché?
I miei riferimenti nel mondo della danza sono molteplici. Quando ero ragazzo (anni ‘90) era molto difficile reperire materiale di danza, però all’epoca in tv trasmettevano un Programma dedicato alla danza diretto dalla grande giornalista Vittoria Ottolenghi in cui venivano trasmessi i grandi balletti, e tramite questo programma iniziai a conoscere i grandi nomi della danza (Nureyev, Baryshnikov, Julio Bocca, Vassiliev), e guardavo le tante trasmissioni tv in cui c’era un ampio spazio dedicato alla danza, e aspiravo a diventare come loro. Il mio idolo era Andrè de la Roche perché faceva delle evoluzioni incredibili ed era sempre sorridente. Ricordo ancora i suoi salti e quando ho lavorato con lui per me è stato fantastico!
Oggi invece seguo di più i grandi coreografi uno che stimo molto è Mauro Bigonzetti. Mi piace come utilizza i danzatori e il modo in cui li fa muovere. Negli ultimi anni ho intrapreso la carriera di coreografo e di conseguenza seguo tante compagnie estere tra cui Scapino Ballet Rotterdam e Netherlands Dance Theatre. In Italia, ahimè, siamo rimasti un po’ indietro. Le motivazioni sono da ricercare nella mancanza di idee innovative e soprattutto nella mancanza di fondi per lo spettacolo che ha costretto i maggiori talenti italiani ad espatriare.
Se ha mai avuto infortuni, come li ha superati?
Si, ricordo uno dei primi seri infortuni fu all’età di 19-20 anni quando mi bloccai con la schiena ed in seguito capii che era dipeso da due ernie lombari L4-L5 e L5-S1. Parliamo della fine degli Anni 90, all’epoca frequentavo l’Accademia Nazionale di danza a Roma e mi curarono con cortisone e vari mio-rilassanti, ebbi ovviamente dei benefici immediati ma poco duraturi. Dopo qualche mese decisi di intraprendere la strada dell’Agopuntura con risultati soddisfacenti. Alla danza, allora, cominciai ad abbinare esercizi di rinforzo dell’addome e lombare e così miglioravo sempre più. Di tanto in tanto avvertivo qualche fastidio, ma la giovane età e l’incoscienza mi fecero sottovalutare il problema.
Nel 2007 ebbi una distorsione seria alla caviglia sinistra in cui mi stirai i legamenti collaterali. Ero primo ballerino in uno spettacolo e affrettai troppo il ritorno in scena poiché non ero in grado di danzare, non ero pronto! Nel frattempo tornava a ripresentarsi in maniera più insistente il problema alla schiena e come se non bastasse nel 2012 ho scoperto di avere la Coxartrosi-Artrosi all’anca sinistra. Mi dicevano che erano problemi con cui avrei dovuto convivere ma moralmente ero distrutto. Presi in seria considerazione l’idea di non danzare dedicandomi all’insegnamento e alla coreografia.
Nel Marzo 2013, ho avuto la fortuna di incontrare sulla mia strada il Dott. Tullio Stabile che grazie ai suoi trattamenti progressivamente mi ha rimesso in sesto. Sono 7 Anni che mi segue e non ho più i problemi alla schiena e riesco a danzare ancora.
I ballerini hanno un’ottima consapevolezza del proprio corpo, nel suo caso cosa è avvenuto quando si è fermato gli infortuni?
Proprio così, i danzatori hanno una grande consapevolezza del proprio corpo. Tutti gli allenamenti mirano alla perfezione del singolo movimento e quindi all’esecuzione del gesto atletico. Potremmo considerare i danzatori come degli artigiani che scolpiscono e modellano il proprio corpo, per renderlo forte e al contempo elastico. Nel mio caso, le prime sensazioni dopo un infortunio erano sostanzialmente due: perdita di padronanza del proprio corpo e perdita di elasticità nei movimenti. Un corpo ben allenato ha una memoria a parte che se non allenata costantemente viene meno velocemente. Questa memoria ausiliaria è il valore aggiunto che permette al ballerino di trasformare un semplice movimento in arte.
La danza è costituita fondamentalmente da una parte artistica e una atletica. Quali erano le percentuali di una e dell’altra da piccolo e come si sono variate nel tempo?
Ho sempre pensato che se arranchi non puoi esprimerti. Di conseguenza ho sempre incentrato i miei allenamenti sulla tecnica abbinata alla preparazione atletica, senza trascurare gli esercizi di propriocezione. Sentire il proprio corpo e avere la consapevolezza della propria struttura nello spazio è fondamentale per un ballerino.
Che rapporto hanno i ballerini con l’osteopatia? E lei in particolar modo ha mai avuto necessità di ricorrere a trattamenti simili?
Secondo me il rapporto tra danzatore e osteopata è come quello che hanno i pianisti con l’accordatore. Non basta semplicemente saper suonare lo strumento, ma è necessario che lo strumento sia calibrato al meglio per migliorare così la performance artistica.
Qual è un consiglio che darebbe a un suo allievo per diventare un danzatore di successo?
Deve considerarsi uno scultore che solo attraverso l’allenamento costante può realizzare la sua migliore opera. I primi tentativi a volte sono sconfortanti ma se guidati dalla passione e dalla cura dei particolari, arriveranno dei risultati, spesso sorprendenti.
Quali sono le differenze tra un ballerino di danza moderna degli anni ‘90 e di oggi?
Le differenze sono molteplici. Negli anni ‘90 gli studi erano incentrati sulla classe e non erano richieste doti fisiche eccezionali. Per esempio, il danzatore uomo non doveva necessariamente essere iper elastico. Negli ultimi anni le cose sono cambiate su molti aspetti. Si sono inserite discipline di supporto per migliorare l’elasticità, la concentrazione e il fisico. Il prototipo moderno è Roberto Bolle che ha un fisico statuario, un corpo perfetto in cui forza, eleganza ed elasticità sono alla base. Nel tempo anche la statura dei danzatori è mutata. Prima le danzatrici dovevano essere minute e bassine, mentre negli ultimi anni l’altezza media si è notevolmente alzata.
Ha un sogno nel cassetto?
Sono sempre riuscito a realizzare i miei sogni con caparbietà e abnegazione, ma oggi nel mio cassetto ci sono forse i due più difficili da realizzare.
Il primo è quello di realizzare un grande centro di arte e cultura dove far crescere gli artisti traghettandoli fino al lancio nel mondo professionale. Il secondo è quello di dirigere una compagnia che giri il mondo con uno spettacolo creato da me.