Intervista ad Alessandro Diamanti

postato il 02·02·2022 in

È l'Australian Open 2020 quando ho incontrato Alino. Ero a Melbourne con la Federazione e Fabio Fognini mi presenta il suo amico Diamanti che da poco più di cinque mesi aveva lasciato il Livorno per trasferirsi nel Western United a Melbourne. Era appena cominciata la sua ennesima avventura professionale, il talento Made in Italy in viaggio per il Mondo. Dopo aver deliziato le platee europee ed asiatiche era il momento di mostrare il suo estro in Australia.

Questa coincidenza avvenne a sette giorni da una partita di campionato e la sua caviglia sinistra era fuori uso. Avevamo i giorni contati e per provare a velocizzare i tempi di recupero abbinammo l'osteopatia ai trattamenti che già stava svolgendo. In quei giorni ebbi modo di conoscerlo meglio. A primo impatto risaltava per le sue doti carismatiche, molto schietto e grandi capacità di coinvolgimento. Col passare dei giorni mi colpì molto per alcuni aspetti umani meno noti alle grandi platee. Una di queste era la sua passione per il corpo umano e il movimento. Come tutti i grandi atleti anche lui aveva una grande consapevolezza del suo corpo, ma le sue conoscenze andavano ben oltre. La curiosità negli anni gli aveva permesso di comprendere al meglio l'anatomia e la funzione di ogni articolazione e la contestualizzava in maniera appropriata alla sua problematica del momento, la caviglia.  Ad ogni terapista, capita spesso la domanda del paziente: "Che fai?". Solitamente viene fatta per paura ed eventualmente prepararsi al dolore, nel suo caso invece era diverso, conosceva già quello che stavo per fare.

Alino è il classico esempio di chi riesce con passione e curiosità ad aprire strade inaspettate nella propria vita. È l'esempio di chi non mira ai traguardi ma riesce a viversi tutte le tappe del percorso, credo che questo sia il segreto del suo grande successo. Anche se non diventasse mai un fisioterapista il suo approccio alla vita sarebbe di grande supporto e sono sicuro che riuscirebbe a trarre il meglio da chiunque. Ho deciso di ricontattarlo per darci l'opportunità di conoscere il suo punto di vista su tematiche che evidenziano non soltanto lo sportivo ma anche e soprattutto l'Uomo. 

 

Ciao Alino, il 14 Maggio 2000 ci fu il tuo esordio nel calcio professionistico. Dopo 21 anni è cambiato il tuo approccio allo sport?

È inevitabilmente cambiato con l'avvento dei Social network. Il calcio, come tutto il resto d'altronde, si è adeguato al cambiamento e in fondo credo sia giusto così. Un bambino di 30 anni fa e uno di ora si trovano a vivere dinamiche completamente differenti ma la passione che sogni da bimbo non cambia. A 38 anni, dopo aver vinto un Pallone d'Oro continuo sempre al 100% con la stessa voglia e passione di quando ero piccolo e non lo faccio per nessun altro se non per me stesso e per il rispetto che nutro nei confronti della professione che svolgo. 

Quando hai conosciuto l'osteopatia e che ruolo ha nella sua vita da sportivo?

L'osteopatia mi aiuta nel post-partita per la schiena e le caviglie. Contribuisce a migliorare la mia performance così come la chiropratica e la chinesiologia. Conobbi a 19 anni queste discipline con Erik Bergstrom per un problema ai piedi piatti. Ora che ho 38 anni posso dire di conoscere il mio corpo come le mie tasche. Ho un grande vantaggio, sin da piccolo mi sono sempre interessato alle terapie e alla prevenzione anche quando gli infortunati erano i miei compagni di squadra. Non ho la laurea ma potrei fare il medico. Una volta, al Bologna, si infortunò un mio compagno e per gioco gli feci la diagnosi e la prescrizione delle cure. All'epoca c'era il Dott. Nanni che quando lo valutò gli disse le stesse cose che gli avevo detto io. 

Qual è stata una fonte di sua ispirazione, o una figura cardine nella tua vita?

Sono stati mio padre e mio nonno. Mio nonno aveva una struttura sportiva molto grande a Prato dove ha allenato più di 30.000 bambini. Mio padre allenava li ed io appena finito scuola lasciavo la cartella e prendevo il pallone. Mi allenavo tutto il giorno con tutte le squadre, in pratica ero la mascotte. Sono cresciuto "pane e pallone".

Hai tre bimbi, cosa senti di consigliare alle nuove generazioni?

Ho anche due cani e valgono come figli (ndr ride). Li seguo molto ma non do tanti consigli. Sono lo specchio dei genitori e loro tre vedono bene quali sono i segreti dietro una prestazione sportiva. Alla mia età non gioco per timbrare il cartellino ma provo a fare sempre qualcosa in più degli altri, provo ancora oggi a migliorare in alcuni aspetti e osservo sempre i miei riferimenti positivi. Se nutri passione per uno sport la prima regola è rispettare le regole anche se non hai talento. I miei bimbi sono clamorosi! La prima gioca a tennis e anche se non competitiva si impegna tanto. La seconda fa ginnastica ritmica ed è uno sport di disciplina pura e lei a casa la fa rispettare anche ai fratelli (ndr ride). Il piccolo gioca a calcio e le due cose che gli dico sempre sono "divertiti" ma soprattutto "corri". I bimbi sono fantastici, sono lo specchio tuo. Io e mia moglie siamo felici e quando c'è un'armonia simile i bimbi si adattano a tutto. Io sono un nomade e per il mio lavoro hanno cambiato 10 scuole e 3 continenti e nonostante tutto ci seguono e crescono sereni vivendo tutto con naturalezza. 

Hai ancora tanta voglia di giocare, senti di continuare questa esperienza australiana?

Ho ancora tanta voglia di continuare qui in Australia. A breve arriverà anche la residenza e mi vedo qui ancora per molto. L'Australia offre tantissimo in termini scolastici e di qualità di vita. Per una famiglia è il posto ideale. 

In un mondo pragmatico come quello di oggi come si può valorizzare l'estro?

Il termine estroso viene un po' confuso con anarchico. Io credo sia molto differente. L'estro è il valore aggiunto di una persona e se indirizzato bene può essere la risorsa vincente per un gruppo, per una squadra. Spesso però questa caratteristica urta i tuoi superiori e non sempre viene vista di buon occhio. Queste persone solitamente sono dei mediocri e si sentono minacciati dalle personalità tipo la mia. In tanti anni di carriera in cui sono stato capitano per ben 10 anni mi sono comportato sempre in maniera leale dando l'anima per il gruppo e non poche volte mi è capitato di battagliare con persone simili. In maniera onesta e sincera ho fatto valere sempre le mie posizioni ma non sempre mi hanno corrisposto in maniera leale. Di fronte a personalità del genere non conosci gli strumenti che utilizzano e spesso ti estromettono per vie traverse, ti escludono. Per questo, tante battaglie le ho perse ma sono sicuro che alla lunga la correttezza ripaga sempre. Infatti dopo 21 anni sono ancora qui a testa alta. 

Dopo una settimana di lavoro con Alino speravo di vederlo giocare almeno un quarto d'ora. Ha giocato per ben 86' segnando anche un gol e poi.... E Poi Bo!(*)

 

 

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Fabio Fognini, talento carismatico