L’arrivo nella Terra dei Canguri, il 19 Gennaio 2015, ha segnato l’inizio della mia collaborazione con la Federazione Italiana Tennis. La realizzazione di questo sogno arriva dopo un viaggio estenuante di 26 ore, trascorse quasi tutte in viaggio tra le nuvole, a 12 chilometri di altezza, accompagnate dalla mia fantastica paura del volo, ormai nota a tutti.
L’Australian Open è il primo grande torneo dell’anno e gli atleti vengono dal riposo natalizio, motivo per cui lo stress della ripresa evidenzia più facilmente affaticamenti e dolori fisici. Fortunatamente ha sede in una città che dedica parte del proprio fatturato alla realizzazione del torneo, mettendo a disposizione degli atleti, degli operatori del settore e del pubblico stesso, servizi inimmaginabili. Melbourne, infatti, offre strutture uniche, 19 campi di gioco, di cui tre al coperto, servizi navette più simili agli shuttle, che partono ad elevata frequenza gratuitamente dagli alberghi convenzionati ATP. Per i tennisti, poi, c’è uno stimolo in più che rende l’Australian Open uno dei tornei più appetibili del circuito: il prize money di 3.800.000$, più che raddoppiato rispetto agli anni precedenti. Il torneo, fortunatamente, nasce sotto una buona stella: Andreas Seppi entra nella storia vincendo al terzo turno contro il mitico Roger Federer e la coppia Bolelli-Fognini porta a casa un’incredibile vittoria tutta italiana, dopo 25 anni.
Nonostante tutti questi pregi, il popolo Australiano non mi ha colpito molto per sagacia, basti pensare che prima di atterrare a Melborune, sull’aeroplano ti fanno firmare e vidimare un’autocertificazione in cui ti viene chiesto se “Hai intenti criminali?”. Fare controlli a tappeto sulle uniche vie di accesso alla grande isola e imporre delle regole civiche ferree rendono questo posto molto vivibile ma nulla di paragonabile alle nostre capitali per eccellenza; Amsterdam, Copenaghen, Berlino che, seppure immerse nel centro dell’Europa, hanno sensibilità civiche e culturali di altro spessore.
Il torneo successivo a cui ho preso parte è stato quello di ATP 1000 Miami Open che, seppur non faccia parte degli slam, rappresenta comunque una tappa essenziale per la stagione tennistica. La struttura è immersa in un contesto naturale unico. Come l’altro torneo americano, US Open, tenutosi a New York, il circolo di tennis è situato molto lontano dalle strutture alberghiere del centro e ciò aumenta di molto i tempi di spostamento e di conseguenza i tempi di intervento del nostro team sanitario. Se Miami è stata una disfatta per i nostri atleti, Flushing Meadows è stata gloriosa; In semifinale Roberta Vinci batte la numero 1 di tutti i tempi, Serena Williams, e si trova ad affrontare Flavia Pennetta in una finale tutta italiana, sbancando New York.
Nel Roland Garros, a Parigi, si respira tutta la storia del tennis, centoventicinque anni racchiusi in un unico grande torneo. Certo, durante il viaggio ti può capitare di assistere a scene un po’ folkloristiche ma vi assicuro che il gioco vale la candela: gentiluomini che bevono dalla bottiglia e la offrono alla propria amica previa pulizia con parte esterna del proprio cappotto, baguette che cadono a terra in un ristorante con moquette e che poi finiscono magicamente sui tavoli degli altri clienti. A parte tutto questo Paris ModeOn, vi garantisco che entrare nel Terra battuta è un’emozione da brividi. Credo sia un po’ come per un amante del calcio entrare nello Stadio Azteca di Città del Messico, dopo il gol fatto da Maradona all’Inghilterra. A Parigi non ci sono lanci di palline aeree tra i raccattapalle (come capita nel popolo pragmatico americano), ma scivolano silenziosamente sul bordo campo. Silenzio, è la parola giusta. Un silenzio che accompagna l’intera durata del match e che incredibilmente riesce a rendere assordante il suono della battuta anche della nostra piccola campionessa Sara Errani. Ed è proprio lei che in questo torneo riesce ad esaltarsi raggiungendo per la quarta volta i quarti di finale, arrendendosi soltanto a Serena Williams.